Testi, pre-testi, divagazioni e spunti minimi intorno a libri letti, riletti, sfogliati
A cura di Roberto Mandile
PUNTATA 92
L’HO LETTO SUL GIORNALE
Quando libri e scrittori sono passati prima dall’edicola
Juan Rodolfo Wilcock – FATTI INQUIETANTI (1960)
Di cosa parla: Dal bambino meccanico, un ragazzo schizofrenico ricoverato in una clinica americana che credeva di essere una macchina, alle cinture a reazione che tra qualche anno permetteranno di trasferirsi rapidamente da un posto all’altro; dalle modalità di indottrinamento dei prigionieri di guerra adottate dalla Corea al culto di James Dean, la cui tomba, nel primo anniversario della sua morte fu visitata da tremila persone; dai “teddy boys”, i teppisti in motocicletta autori di un vero e proprio assalto a una cittadina svedese, agli hispters, “psicopatici che non si curano di far credere al mondo di non esserlo”, dai nuovi registi americani alle prostitute inglesi…
Commento: Lunghissimo è il catalogo degli argomenti trattati da questo singolarissimo libro di uno dei più originali scrittori italiani (di adozione, anche se di nascita argentino). Si tratta, tecnicamente, di una raccolta, apparentemente disparata, di notizie stravaganti, curiose, bizzarre tratte da giornali che l’autore collezionò e accumulò per anni; Wilcock le riporta qui nella loro essenzialità, senza fronzoli, in uno stile cronachistico, succinto e chiaro. Eppure, proprio dalla secchezza con cui sono presentate (nonché nella selezione stessa) trapela lo sguardo ironico dell’autore: si vedano, a mero titolo d’esempio, le pagine dedicate alle prostitute (quelle romane e quelle inglesi), che sono saggi di sociologia a pieno titolo, o l’articolo “I romanzi di successo”, dedicato a Doctor No di Ian Fleming, utile per capire “che genere di roba piace al pubblico di oggi”. E in ogni caso, come dice Wilcock nell’avvertenza al lettore: “Non tutti i fatti, non tutti i disegni contenuti in questo libro debbono essere considerati inquietanti”. I disegni sono di Mino Maccari, artista tra i più irregolari della cultura italiana del Novecento.
GIUDIZIO: ***

Ennio Flaiano – LA SOLITUDINE DEL SATIRO (1973)
Di cosa parla: C’è l’aneddoto di Einaudi e della pera (quando Flaiano, ospite a pranzo del Presidente della Repubblica, accettò la proposta inusuale di dividere con lui una pera troppo grande); ci sono le pagine in cui si racconta della genesi de La dolce vita, di cui Flaiano fu sceneggiatore, e della scelta del nome Paparazzo per il fotografo presente nel film; e poi ancora le annotazioni su Via Veneto e la vita notturna di Roma, e le osservazioni sulla condizione della società e della cultura in Italia, ma anche le cronache di viaggio in India, in America, in Israele; questo e altro ancora negli articoli pubblicati da Flaiano su vari giornali (“Il Mondo” e il “Corriere della sera” soprattutto, ma non solo) tra la fine degli anni Cinquanta e il 1972, anno della morte dello scrittore.
Commento: Se è difficilissimo inquadrare Flaiano nel panorama della letteratura italiana, lo si deve probabilmente a due ragioni. La prima, di ordine ideologico, è il suo rifiuto di aderire a qualunque parrocchia (né comunista né democristiano, come rivendica in queste pagine); la seconda, di ordine letterario, è la sua rinuncia ai generi più tradizionali, il romanzo (l’eccezione, di primissimo ordine, è il suo primo libro, Tempo di uccidere, che vinse il primo Premio Strega della storia) e la poesia. L’adesione a forme ibride e apparentemente marginali (il racconto, l’aforisma, l’apologo) non deve però ingannare: Flaiano ha diritto a un posto tra i grandissimi non solo per la qualità della sua scrittura, cosa che di per sé basterebbe, ma per la coerenza del suo sguardo, che è, come ben illustra questa raccolta di articoli, disincantato al limite del cinico talora, ma mai consolatorio e spesso amarissimo. Il satiro, lo denuncia già il titolo del libro, coltiva la sua solitudine non come distacco ironico, divertito e un po’ sornione, ma come accettazione rassegnata della propria condizione in un mondo in cui nessuno sembra più percepire le note stonate, le dissonanze, le cadute di gusto, “una società” che “sa quel tanto che le basta per credersi colta e ha fiducia nella sua volgarità come difesa per ciò che supera i suoi interessi”.
GIUDIZIO: ***½

PRE-TESTI, DIVAGAZIONI
E SPUNTI MINIMI
Nell’impossibilità di elencare gli autori che ebbero o hanno un rapporto privilegiato con giornali e riviste, selezioniamo, del tutto arbitrariamente, due libri assai diversi che raccolgono gli scritti di due grandi scrittori.
Fine millennio: istruzioni per l’uso è la raccolta completa, in sette sezioni (Film, Vite, Scrittori, Scienza, Fantascienza, In generale) più due parti autobiografiche, degli articoli giornalistici pubblicati tra il 1962 e il 1995 da James G. Ballard. I motivi di interesse del libro sono tanti per approfondire i temi cari all’autore (presenti anche in molti suoi romanzi, da Crash a La mostra delle atrocità, da Il condominio a Cocaine Nights), dal rapporto tra uomo e macchina ai condizionamenti della società dei consumi ma anche dell’arte e della letteratura, fino ai miti novecenteschi. Lo stile è più piano che nei romanzi, ma sempre brillante.
È noto che di un grande autore, non si butta via niente, ma è vero anche che non sempre ciò che è rimasto ai margini è necessariamente meritevole di riscoperta. È il caso di La campana non suona per te, raccolta (compilata ed edita postuma) di 45 racconti e, soprattutto, raccontini non editi in volume in vita e pubblicati su riviste underground tra il 1948 e il 1985 da Charles Bukowski. Ci sono, in nuce, i temi ricorrenti nelle opere dello scrittore americano, dall’alcol alle scommesse sui cavalli, ma c’è, su tutti, il sesso, essendo la maggioranza dei testi tratti dalla rubrica Taccuino di un vecchio sporcaccione della “L.A. Free Press”. Qualcosa di buono, a tratti di ottimo, affiora, ma nel complesso l’impressione è che si tratti di lavori di mera routine.
Testi citati:
James G. Ballard – FINE MILLENNIO: ISTRUZIONI PER L’USO (1996)
Charles Bukowski – LA CAMPANA NON SUONA PER TE (2015)