# 203 – Emmanuel Carrère – LIMONOV (Adelphi, 2021, pagg. 356)
La vita di Eduard Limonov, “teppista, poeta, vagabondo, maggiordomo, mercenario e quasi criminale nelle inestricabili guerre dei Balcani, capo di un partito nazionalboscevico nella Russia del post-comunismo, prigioniero a Saratov e poi a Lefortovo. Eroe che l’ombra, la monotonia dei giorni e i semplici piaceri della vita quotidiana uccidono più di ogni altra malattia. Il personaggio romanzesco che Limonov sogna di essere vuole il rumore, la luce accecante e la frenesia. Carrère gli offre tutto questo, nero su bianco. Lo porta dove Limonov, nei suoi stessi libri, non saprebbe arrivare.”
Mi sono affidato alle parole di Yasmina Reza per cercare di riassumere un libro in realtà non riassumibile, perché privo di una trama classicamente intesa – come diversi libri di Emmanuel Carrère, del resto. Fondatore di una sorta di “narrativa soggettivistica” che può toccare vette altissime di stile e di riuscita come precipitare in baratri profondissimi di autocompiacimento e vanagloria, Carrère ci offre forse con “Limonov” il suo miglior libro in assoluto, non saprei dire se il suo capolavoro, perché gli auguro che il vero capolavoro debba ancora arrivare, ma certo un libro incredibile e intenso, stralunato e bizzarro, perfetto nel découpage di sequenze, scene e “momenti” attraverso i quali l’Autore delinea – o si sforza di delineare – la figura enigmatica e a suo modo unica di Eduard Limonov.
Sorta di Zelig sovietico, Limonov è infatti un incredibile trasformista, e sembra vivere più vite all’interno della medesima esistenza: poeta, scrittore, agitatore, soldato, poi uomo politico – bizzarra figura di oppositore di Putin – e ancora, strana creatura bisessuale, opinionista a tutto campo, viaggiatore, avventuriero… Limonov è uno e centomila allo stesso tempo, per citare Pirandello, o forse dopotutto è nessuno? Carrère, che lo conobbe e che da quei pochi incontri ricava con mestiere il suo cesellato e stratificato libro, sospende il giudizio, come suo solito, ma non nega al lettore una ricchissima messe di aneddoti e vicende, di riflessioni e considerazioni che, alla fine, sembrano veramente concorrere alla soluzione di un difficilissimo puzzle, o perlomeno avvicinano alla soluzione quanto basta perché una forma di senso compiuto cominci a intravvedersi. Di più, da Limonov, non si può avere: una forma appena abbozzata, una tavolozza di colori, qualche impressione cangiante.
Personaggio indecifrabile, che gioca continuamente con la sua indecifrabilità e cerca disperatamente di costruirsi una personale mitologia, Eduard Limonov è un cubo di Rubik truccato, che non può riuscire ma che impegna lo scrittore, prima ancora che il lettore, nella ricerca di un senso, di una chiave solutiva, di un minimo comun denominatore che giustifichi tutte le sue spesso sconsiderate e certamente azzardate azioni, tanto in ambito politico quanto in campo letterario. Suddiviso in rigidi blocchi narrativi imperniati sulle città nelle quali Limonov ha vissuto (e nelle quali a volte Carrère lo ha incontrato), il libro saltabecca da New York a Parigi, da Mosca a Vukovar, da Char’kov (tristemente agli onori delle cronache in questi terribili giorni di guerra) a Sarajevo, ma la materia narrativa di cui si compone deborda costantemente dal rigore delle ambientazioni.
Ogni capitolo, a prescindere dalla città cui è dedicato, sembra far fatica a contenere tutta la materia (perlopiù liquida e informe) che l’Autore si trova a dover maneggiare ed essa, come il contenuto di un recipiente troppo piccolo, tracima ed essuda continuamente, e porta con sé il lettore, da un capitolo all’altro, da una città all’altra, da un Limonov a un altro… Attraverso le (dis)avventure di questo personaggio naïf (non è un grande scrittore – il suo romanzo di maggior successo si intitola “Il poeta russo preferisce i grandi negri”, non so se mi spiego – né un politico di razza, non è il grande militare che vorrebbe far credere di essere e soprattutto non è quel genio che ha cercato per tutta la vita di diventare), Carrère trova il modo (più che altrove, nella sua ormai non più esigua produzione) di raccontare ambienti e mondi impressionanti, dalla Russia di Putin nei primi anni del XXI secolo (quando forse si sarebbe ancora potuto limitarne la pericolosità) al crogiuolo balcanico degli anni Novanta, dalla Mosca degli anni Settanta, quando il grigiore del Regime, sotto Brežnev, toccò vette impensabili e l’Unione Sovietica era tutto un fiorire di pubblicazioni illegali in alcune delle quali, ovviamente, aveva le mani in pasta anche Limonov, fino alla Parigi liberale e libertina degli anni Ottanta e alla New York brulicante e sporca di “Taxi Driver”.
Variopinto e intelligentissimo, “Limonov” è un libro-puzzle o, meglio, un libro-caleidoscopio che scompone il suo protagonista in mille riflessioni e rifrazioni, che sono altrettanti punti di vista dai quali si ha l’impressione di poterne giudicare la vicenda umana, artistica e politica. Senza peraltro giungere – ma questo Carrère lo dà per scontato, e il lettore pure – a una Verità definitiva.
(Recensione scritta ascoltando Stromae, “Alors on danse”)
PREGI:
stilisticamente levigato, contenutisticamente saporito e narrativamente organizzato in maniera quasi perfetta, è un libro che non si riesce a smettere di leggere, ce lo si porta persino in bagno, per leggerne ancora un pezzetto prima di dover spegnere la luce e dormire. Oltretutto, certe tematiche – visto il drammatico conflitto in corso in Ucraina – sono tremendamente attuali!
DIFETTI:
Carrère è un Autore bravo e un po’ supponente, e anche se qui la sua consapevolezza di sé e del proprio talento si fa vedere un po’ meno, è comunque presente e a qualche lettore che predilige scrittori più asciutti e meno (auto)celebrativi potrebbe far storcere il naso. Ma in questo caso, credetemi, il gioco vale la candela
CITAZIONE:
“In cima alla scalinata, davanti alle porte chiuse del teatro, ho visto una sagoma che mi ricordava vagamente qualcuno, ma non riuscivo a capire chi. Era un uomo con un cappotto nero, reggeva come gli altri una candela, ed era circondato da diverse persone con cui parlava sottovoce. […] Lo vedevo di scorcio: dal bavero rialzato del cappotto spuntava un pizzetto. […] L’uomo ha girato la testa. […] La fiamma della candela ne ha scolpito i lineamenti. Ho riconosciuto Limonov.” (pag. 16)
GIUDIZIO SINTETICO: ***½
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…