# 384 – Ian McEwan – MACCHINE COME ME (Einaudi, 2020, pagg. 281)
Londra, 1982: in un mondo alternativo, in cui il genio dell’informatica Alan Turing non è morto nel 1954 e la tecnologia consente computer evolutissimi e androidi capaci di intelligenza artificiale, il trentenne senz’arte né parte Charlie Friend investe tutta l’eredità materna nell’acquisto di Adam, uno dei primi venticinque robot semi-umani appena lanciati sul mercato.
Innamorato di Miranda, la bella studentessa di storia che vive al piano di sopra, Charlie la coinvolge nella programmazione di Adam, che per essere avviato e iniziare la sua “vita artificiale” richiede l’inserimento di dati di personalità e caratteristiche comportamentali. Prende così le mosse uno strano ménage à trois in cui il ruolo di Adam diventa sempre più ambiguo, soprattutto da quando, in seguito a una lite tra Charlie e Miranda, il robot finisce per passare una notte con la ragazza.
In un’Inghilterra che perde, anziché vincere facilmente, la guerra delle Falkland e con Miranda minacciata da un ex-galeotto che vuol fargliela pagare ritenendola colpevole della sua stessa incarcerazione, Adam, con le sue decisioni dettate da una logica non umana (o forse fin troppo umana) sarà l’inconsapevole ago della bilancia nella vita dei due confusi e imperfetti protagonisti.
Scomoda tematiche poderose questo romanzo di Ian McEwan datato 2019, come del resto quasi tutti i libri del grande scrittore britannico. Incredibile, anzitutto, come egli riesca a infilare in un libro di dimensioni contenute una quantità tale di interrogativi, dubbi, questioni morali e riflessioni storiche e tecnologiche.
La scelta dell’Autore, che si rivela ben presto vincente, è quella di limitare il numero di personaggi per dare il giusto spazio ai temi che il libro vuole affrontare, primo fra tutti la differenza tra intelligenza umana (emotiva) e intelligenza artificiale (ferrea ma priva di un reale sentimento: o forse no?). Servendosi dell’Io narrante di Charlie, personaggio tutt’altro che positivo vista la sua accidia e la sua tendenza a non concludere nulla nella vita (arriva a sperperare l’eredità materna per la curiosità di essere uno dei venticinque fortunati a possedere un androide di ultima generazione) e costruendo comprimari a luci e ombre (a partire da Miranda, che nasconde un segreto imbarazzante nel suo passato, fino allo stesso Alan Turing, che non si può certo definire un mostro di simpatia!), McEwan offre al lettore un panorama umano piuttosto sconfortante ma, ahinoi, assai realistico, nel quale le decisioni sono spesso errate, impulsive, rischiose e per nulla lungimiranti, un mondo in cui regnano gli algoritmi indecifrabili dell’anima, ai quali si contrappongono quelli puri, cristallini ma forse (per quanto non voglia dire nulla) “meno autentici” di Adam, robot che può apprendere e che forse può anche amare, androide i cui limiti non sono chiari neppure a lui stesso, e che in ogni caso sono destinati (è la base del “machine learning”) a spostarsi progressivamente in avanti, a violare sé stessi, per così dire.

“Terminator” (James Cameron, 1984) 
“Io, robot” (Alex Proyas, 2004)
Chiedendosi (e chiedendoci) quali siano le caratteristiche irrinunciabili dell’essere umano, e quali invece quelle di una intelligenza in grado di imitare in tutto e per tutto la nostra, McEwan svolge una riflessione, al solito, molto profonda e per niente scontata sull’amore, sul sentimento e sull’imperfezione connaturata con l’esistere stesso, con la vita come la intendiamo noi, i bipedi che da qualche millennio dominano il pianeta Terra. Costruiremo davvero degli esseri in grado di superarci e di assumere il controllo sulle nostre stesse vite, come sembrano ventilare film distopici come “Terminator” (1984), “A.I.” (2001), e i più recenti “Io, robot” (2004), “Lei” (2013) ed “Ex Machina” (2014), solo per citane alcuni? E il nostro rapporto con gli androidi, di cui nei TG si sente sempre più spesso parlare, sarà quello ipotizzato dal mitico “Blade Runner” (1982)?

“A.I.” (Steven Spielberg, 2001) 
“Ex Machina” (Alex Garland, 2015)
Con una scelta ancora una volta geniale e in controtendenza, McEwan preferisce costruire un contro-passato piuttosto che un futuro assoluto: il suo libro è ambientato, infatti, non dimentichiamolo, in un 1982 alternativo, nel quale la tecnologia somiglia a quella di cui disponiamo oggi. Chi, come il sottoscritto, gli anni Ottanta del secolo scorso li ha vissuti appieno, ben ricorda le prime, balbettanti console per videogiochi che disegnavano sullo schermo della TV figure stilizzate con pixel grandi come coriandoli; nel 1982 immaginato dall’Autore britannico, invece, i computer sono avanzatissimi, e la cibernetica è a livelli che – purtroppo o per fortuna – non tocca neppure nel nostro 2025, né tantomeno nel 2019 da cui arriva il libro.

“Blade Runner” (Ridley Scott, 1982) 
“Lei” (Spike Jonze, 2013)
Questa scelta, di retro-ambientare il romanzo, è forse la più interessante e originale, perché McEwan ci racconta un possibile presente alternativo prendendola alla lontana, rituffandosi nel passato e chiedendoci, implicitamente: dove sarebbe oggi un mondo che nel 1982 era già a questo punto? Ecco la vera domanda che questo libro sottile e intelligente ci pone, mascherandola sotto una storia d’amore forse non delle più riuscite e sotto alcune trame di contorno (in primis quella legata a Peter Gorringe, il galeotto che vorrebbe farla pagare a Miriam) decisamente un po’ telenovelistiche e oggettivamente non così interessanti e avvincenti.

(Recensione scritta ascoltando Mitski, “Washing Machine Heart”)
PREGI:
la scrittura di McEwan è sempre magistrale, non sbaglia un tono e rende credibile anche l’incredibile; unita al perfetto senso della misura e dell’arco narrativo, offre come risultato un romanzo compatto e accattivante, lucido e distaccato quanto basta, senza mai rinunciare a personalità e tocchi di stile
DIFETTI:
ovviamente il centro narrativo è sulla figura di Adam, il cyborg. Il resto, fatalmente, sia la storia d’amore tra Charlie e Miranda che gli strani trascorsi della ragazza, tra stupri veri o presunti, perde un po’ di forza. Tutto calcolato, però: il libro, nel complesso, non ne risente in modo particolare, e l’Autore mantiene salda la barra fino a una chiusa che non delude
CITAZIONE:
“Charlie, Miranda, i miei primi e più cari amici… […] Spero ascolterete… un’ultima composizione, in diciassette sillabe. Deve qualcosa a Philip Larkin. Ma non parla di foglie e di alberi. Parla di macchine come me e persone come voi e del nostro futuro insieme… […] Col tempo, coi miglioramenti… vi supereremo… vi sopravvivremo… pur volendovi bene. Dovete credermi, non c’è alcun senso di trionfo nei miei versi… Solo rimpianto. […] L’autunno a noi / promette primavera / a voi l’inverno.”
GIUDIZIO SINTETICO: ***
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

Recensioni di Libri e Film, Racconti e Saggi... a cura di Matteo Fontana