# 246 – John Niven – MASCHIO BIANCO ETERO (Einaudi, 2014, pagg. 362)
Scrittore e sceneggiatore hollywoodiano di enorme successo, Kennedy Marr vive a Los Angeles tra donne e alcool, e ha quasi dimenticato le proprie modeste origini irlandesi, gli anni di Università a Londra nonché il lontano matrimonio con Millie, dalla quale ha avuto una figlia, Robin, ormai sedicenne. Giunto alla soglia dei quarantacinque, Kennedy – un po’ alla Hank Moody! – è prigioniero di uno stile di vita dispendioso e vacuo, fatto di “limature” a sceneggiature altrui (in pratica, viene pagato solo per mettere il proprio nome di successo sulle locandine di film hollywoodiani) e di colossali bevute, di occasionali scazzottate e di facili conquiste femminili, che finiscono tutte in un rapido dimenticatoio. Ma il fisco americano non perdona, e Kennedy si scopre improvvisamente “in rosso” di più di un milione di dollari! Come fare? Un modo ci sarebbe: accettare il pingue premio letterario “F.W. Bingham”, che ripianerebbe per intero il debito, ma che prevede – tra le clausole per l’accettazione – un intero anno di insegnamento in un’Università inglese! Potrà mai l’autore di bestseller Kennedy Marr, sciupafemmine e quasi alcolizzato, sopportare i rigori dell’inverno inglese nonché le asperità di un lungo corso di scrittura creativa? E come la prenderà Millie, che guarda caso insegna proprio nella stessa Università che sta per accogliere il detestato ex-marito?
Non ho citato per caso Hank Moody, il protagonista della serie di grande successo “Californication”, andata in onda tra il 2007 e il 2014 (per un totale di sette stagioni). Brillantemente interpretato da David Duchovny (sì, proprio l’ingessato agente Mulder di “X Files”!), Hank è un personaggio costruito – fin dal nome – prendendo in prestito qualche tratto del grande Bukowski: bevitore e sciupafemmine, amato-odiato da Hollywood (che egli ricambia con altrettanto odio-amore), ricco e talentuoso ma disordinato e impulsivo, lo scrittore immaginato dagli sceneggiatori della Showtime sembra proprio essere il modello principale del Kennedy Marr di John Niven, Autore assurto agli onori delle cronache con il suo romanzo d’esordio, “A volte ritorno”, che non ho ancora letto ma che mi dicono essere la geniale e comicheggiante rappresentazione di un Cristo contemporaneo e… redivivo!
Ora, non c’è dubbio che Niven sappia scrivere, e padroneggi molto bene i meccanismi della commedia brillante. “Maschio bianco etero” è una lettura gradevole e accattivante, a tratti graffiante ma anche, sinceramente, molto prevedibile, non solo per chi – come il sottoscritto – abbia visto tutte e sette le stagioni di “Californication”, ma per chiunque abbia dimestichezza con la lettura e la narrativa. Anzitutto, come detto, il personaggio di Kennedy Marr sembra avere più di un debito nei confronti di Hank Moody, al punto da apparirvi quasi ricalcato sopra – fatte salve le origini irlandesi, che il newyorchese Hank non può vantare. In secondo luogo, lo sviluppo della trama, in “Maschio bianco etero”, è corretto e professionale, con una divisione in due grandi “atti”, uno ambientato in America e uno in Inghilterra, animati da perfetti elementi di tensione (in America i guai col fisco, in Inghilterra le difficoltà di Marr nel relazionarsi con la ex-moglie e la figlia nonché la drammatica situazione della madre, che è ricoverata in fin di vita).
Peccato che la scrittura densa e saporita di Niven non riservi al lettore alcun reale colpo di scena, tutto sembra già accaduto, non solo in “Californication” ma in una sorta di archetipo sullo scrittore vizioso che risale, appunto, alle avventure e alle disavventure di Bukowski, il padre di tutti gli scrittori alcolizzati e affetti da satiriasi. Che dire della dialettica tra il dongiovanni volgare Kennedy Marr e lo spiantato professorino marxista Dennis Drummond, aspirante scrittore (che ha venduto duecento copie a stento di un romanzo illeggibile) e direttore del dipartimento nel quale Kennedy dovrebbe insegnare scrittura creativa? Un rapporto conflittuale facile e già scritto, prevedibile, un po’ come le critiche di Jep Gambardella all’artista scriteriata che, ne “La grande bellezza”, dà testate agli acquedotti romani.
Nel caso di Niven, come in quello di Sorrentino, si può parlare di brutte sequenze o di pessimo cinema? Nient’affatto: però è un vincere facile, neutralizzando fin da subito qualunque avversario. E anche nei rapporti tra Kennedy e la sua famiglia, o nella girandola di agenti e procuratori che gli ruotano attorno, per non parlare dei divi del cinema e dei produttori, non c’è nulla di originale e di realmente interessante, tutto sa di già letto, già visto, già sentito non una o due, ma decine e decine di volte. Con tutto ciò, “Maschio bianco etero” (e questo è un merito dell’Autore) resta una lettura divertente e gustosa, che mi sento di consigliare: non vi cambierà la vita e non sarà mai un punto cardinale della letteratura contemporanea, ma diamine, un libro può anche solo divertire, e qui e là qualche discreto approfondimento psicologico e caratteriale non manca, il tutto in una salsa di irriverenza e di commedia “cattivella” che in questi tempi di ossessione per inclusività e rispetto per ogni baggianata – il cui risultato sono le murgiane minchionerie come asterischi e schwa – non può che fare bene.

(Recensione scritta ascoltando i Röyksopp, “Oh, Lover”)
PREGI:
una scrittura brillante e consapevole, forse più da mestierante che da grande Autore, ma degna di considerazione per la voglia di farsi capire e di “arrivare” a ogni categoria di lettore, e una serie di scene che, seppur un po’ risapute, funzionano sempre (in particolare il reading poetico in cui il protagonista non riesce ad andare in bagno, con risultati catastrofici, e le sequenze in cui si relaziona con la vacuità di produttori e divi del cinema)
DIFETTI:
plot e soluzioni narrative francamente troppo prevedibili, e un’inquietante somiglianza con le disavventure di Hank Moody in “Californication”, che fa oggettivamente mal pensare: quanto Niven si è ispirato al serial della Showtime? Forse un po’ troppo…
CITAZIONE:
“Era un mondo rabbioso e iperpoliticizzato, il tipo di mondo che si esprimeva in acronimi, la cui unica ragione d’essere era adontarsi per qualcosa, il mondo dei Nb (Non-bianchi), delle DdC (Donne di Colore), delle Fret (Femministe radicali esclusorie e trans) e delle Enm (Etnie nere di minoranza), un mondo di persone che sfornavano neologismi alla stessa velocità con cui la zecca stampava banconote nella Repubblica di Weimar. […] Non sembrava il massimo dello spasso dal posto in cui era seduto, dall’alto del palco con il suo vestito costoso e la sua pelle bianca, dotato di arti funzionanti, entrate a sette cifre, un petto sgombro di tette e un grembo senza utero o tube di Falloppio, la sua mente libera da ogni attrazione verso il suo stesso sesso o dal pensiero di farsi tagliare il batacchio. Un maschio alfa. Bianco, etero.” (pagg. 104-105)
GIUDIZIO SINTETICO: **½
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…