MIRAMARE – Nico Orengo

# 323 – Nico Orengo – MIRAMARE (Einaudi, 1989, pagg. 104)

In una grande villa liberty tra Sanremo e Ventimiglia il cui parco è divenuto museo di botanica, aperto al pubblico, vive Tomaso, un ragazzo di vent’anni nato da una relazione clandestina (non ha mai conosciuto i suoi genitori) e cresciuto dai proprietari inglesi della villa assieme ai loro figli. Se però fratellastro e sorellastra se ne sono andati a studiare all’estero, e li attende una vita di soddisfazioni e di cambiamenti, Tomaso è rimasto alla villa, come ne fosse prigioniero. Il burbero Dante gli insegna, controvoglia, il mestiere di giardiniere, ma Tomaso preferisce passare il tempo pescando e occhieggiando le ragazze dello staff, che lavorano al museo, in particolare la bella Margherita, che sembra guardarlo con interesse. Le giornate estive alla villa sono dolci e ondivaghe, Tomaso sa di essere una presenza a suo modo disturbante, col suo carico di ormoni giovanili e con la sua voglia di fare esperienze; eppure, anziché andarsene a scoprire il mondo, il ragazzo non vuole saperne di abbandonare i vialetti di ghiaia del parco e le sue tante piante preziose, frutto degli innesti e della sapienza di Dante. E il finale, come un temporale che ha covato troppo a lungo, sarà inaspettatamente drammatico.         

Primo romanzo di Nico Orengo (1944 – 2009) è una novella d’ambientazione ligure (non tragga in inganno il titolo “asburgico”!) perfettamente misurata nelle dimensioni e nell’arco narrativo. Curatore per un ventennio dell’inserto letterario de “La Stampa” nonché editor per Einaudi, Orengo di scrittura ci capiva, su questo non ci possono essere dubbi. La sua narrativa è pregiata e puntuale, un po’ affettata, forse, ma gradevole e intelligente, uno scrivere d’altri tempi, con cura maniacale per la singola parola e con una certa passione per l’erudizione (si veda, in “Miramare”, il lunghissimo elenco di termini tecnici del giardinaggio e della botanica, nonché i nomi di piante). Orengo era di antica famiglia ligure, e ampia parte della sua letteratura è ambientata in questa fascinosa e bizzarra regione in cui mare e montagna si incontrano, e in cui sembra che alla scontrosità delle persone faccia da contraltare l’estrema apertura offerta proprio dal mare, quasi un invito a godere della libertà e a spaziare con lo sguardo.

La villa col suo parco botanico, mondo chiuso ma bellissimo, è un microcosmo governato da meccaniche tutte sue: il vecchio padrone inglese guardone si aggira col binocolo a spiare le coppiette che si appartano nella vegetazione, sua moglie in sedia a rotelle, viene spinta per i vialetti, a turno, dai vari membri dello staff, e il burbero Dante comanda la squadra di giardinieri e sembra restio a farvi entrare Tomaso, che considera quasi come un figlio e che vorrebbe vedere libero dai tortuosi vialetti del parco, che invece sembrano per il ragazzo l’unico mondo esistente; e poi le donne, da Margherita, che occhieggia proprio a Tomaso ma che forse ha già un’altra relazione, a Bianca, un po’ ingenua ma simpatica, fino alla turista Lisa, vera e propria porta sull’esterno che sembra dischiudersi per il protagonista, opportunità forse unica di uscire dal cancello della villa e tuffarsi in quel mondo di cui egli, tuttavia, non sembra sentire alcuna mancanza.

L’Autore è molto bravo a tratteggiare l’atmosfera odorosa e marittima di questo luogo fuori dal mondo, nonché a far percepire al lettore tutta la sospensione elettrica di un temporale in arrivo, di un dramma incombente; non altrettanto bravo è, a mio parere, nel gestire proprio quel dramma, che è da una parte troppo improvviso, e dall’altra fondamentalmente insensato, eccessivo e ingiustificato.

Non che il finale sia scritto male, però si ha l’impressione di un precipitare troppo rapido degli eventi, di una devastazione che chiude una fase della vita del protagonista ma non solo, anche un’epoca storica, aprendo a un nuovo mondo nel quale la villa non ci sarà più, nel quale non esisteranno rifugi, e bisognerà affrontare la vita all’esterno. In questo, la valenza metaforica della novella è di tutta evidenza, e i probabili rimandi autobiografici non fanno che rafforzare un discorso molto personale che l’Autore è stato bravo a tradurre in racconto, ma che lascia oggettivamente anche una punta di amaro in bocca, come se troppi nodi non venissero al pettine in questa vicenda di amori non corrisposti e di paura del mondo, di legami padre-figlio troncati o mai nati e di pigrizia nell’affrontare le sfide della vita.

Fortunatamente, la simbologia non è mai troppo invadente e la dimensione metaforica, pur chiarissima, non deborda mai oltre i suoi giusti confini; “Miramare”, però, resta una novelletta sospesa e vagamente supponente, gradevole da leggere e non priva di momenti (anche piccanti) che si fanno ricordare e di tocchi descrittivi perfetti, da vero conoscitore della Riviera ligure, ma tutto sommato un po’ troppo sopra le righe (il padrone inglese guardone e sua moglie in carrozzella sono obiettivamente figure macchiettistiche) e dalle motivazioni sfumate e spesso inafferrabili.  

(Recensione scritta ascoltando Francesco De Gregori, “Miramare”)

PREGI:
curatissimo sotto il profilo linguistico e attraversato da una vitalità marittimo-agreste sincera e vigorosa, è un testo breve e ben scritto, particolarmente indicato a chi ami la Liguria e vi abbia magari trascorso varie estati di vacanza – come il sottoscritto 

DIFETTI:
a tratti lambiccato e fin troppo consapevole di sé, il racconto non chiarisce tutte le motivazioni dei suoi personaggi e va spesso sopra le righe nel descrivere azioni e reazioni

CITAZIONE:
– Di qua vedo dove potrei andare: là… laggiù. E poi? Si sta bene qui.
– Non lo discuto. È un paradiso. È fuori dal mondo. Ecco, sì, è fuori dal mondo. Ma questo essere fuori dal mondo non la… come dire: preoccupa?
– Minimamente.
– Forse è perché non sapendo come è il mondo non ha problemi a esserne fuori.  (pag. 43)

GIUDIZIO SINTETICO: **

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO