NEL SEGNO DELLA PECORA – Murakami Haruki

# 101 – Murakami Haruki – NEL SEGNO DELLA PECORA (Einaudi, 2013, ediz. orig. 1982, pagg. 307)

Fine anni ’70: un pubblicitario poco più che trentenne, lasciato dalla moglie dopo alcuni anni di un grigio matrimonio privo di contrasti come di vette di passione, viene incaricato da un losco e potente individuo di cercare e trovare… una pecora! Non una pecora qualunque, ma un esemplare unico, con una macchia scura a forma di stella sul dorso e – a quanto pare – dotata di poteri magici e in grado di “possedere” le persone, infondendo loro – in cambio della vita che viene succhiata via – un potere spaventoso. Messosi malvolentieri all’opera, il protagonista, impegnato in questa assurda ricerca assieme a una ragazza dalle orecchie bellissime, scoprirà forse il suo vero carattere e la sua vera dimensione esistenziale.

Non è mai semplice, credetemi, riassumere un libro di Murakami senza sentirsi incredibilmente stupidi! Non perché quella del più celebrato Autore nipponico contemporaneo sia cattiva letteratura, intendiamoci; il problema è, piuttosto, misurarsi con trame che sembrano rinunciare alla logica propriamente detta in favore di uno sguardo surreale e incantato sul mondo, nella fattispecie sul Giappone dei tardi anni ’70.

Scritto nel 1982, “Nel segno della pecora” è il terzo romanzo di Murakami, e lascia già intravedere alcuni dei temi che diventeranno “classici” dell’Autore: il protagonista stralunato che manda a carte quarantotto una vita perfettamente ordinata e redditizia in favore di un’avventura dai toni surreali; il confronto con non meglio precisati “altri mondi” o altre dimensioni dell’esistenza; l’elemento femminile allo stesso tempo disgregante e salvifico; la ghignante critica alla affrettata e laboriosa “Japanese way of life”. Se lo stile dello scrittore di Kyoto appare già discretamente formato (infatti la lettura è piacevole, grazie a un periodare breve e semplice) non lo stesso si può dire della sua capacità di padroneggiare la trama, che nel “Segno della pecora” è a tratti un po’ slabbrata, costruita su accelerazioni improvvise e su altrettanto improvvise “impasse”, e soprattutto è caratterizzata da una sorta di incertezza di fondo su dove il libro voglia arrivare: storia esistenziale? Apologo morale sul potere e la dannazione? Surreale e disimpegnata avventura attraverso il Giappone da Sud a Nord, da Tokyo a Sapporo?

Murakami dà a tratti l’impressione di voler scrivere un libro che vive di minuscole sottotrame (si veda l’inizio, con la notizia della morte della vecchia compagna di studi del protagonista all’Università) e, in altri punti, l’impressione opposta, quella di un libro ben direzionato e animato da una precisa linea di sviluppo: la ricerca della pecora. Il problema è che non si riesce mai a prendere del tutto sul serio la vicenda e, anche se non mancano i buoni momenti (i colloqui col bizzarro professor Pecora, la cena con la ragazza dalle orecchie bellissime), nel complesso il libro lascia un’impressione di squilibrio e di irresolutezza che non si avrà, invece, nei successivi e migliori romanzi dell’Autore nipponico.        

(Recensione scritta ascoltando Antonio Vivaldi, “Le quattro stagioni: Inverno”)

PREGI:
lo stile murakamiano, placido e tranquillo a discapito della sua struttura fondamentalmente paratattica, appare già formato, e la vicenda non manca di aspetti brillanti e personaggi riusciti, con un sapore dolcemente malinconico di fondo che non guasta    

DIFETTI:
veloce e incalzante fino a metà, il libro si impantana sul più bello e – come spesso succede in Murakami – all’impasse esistenziale del protagonista fa eco l’impasse narrativa del romanzo, che gira un po’ a vuoto e finisce per approdare a un finale tutto sommato un po’ deludente. Segno che il lavoro sulla trama e sull’organizzazione del materiale non è ancora quello del miglior Murakami

CITAZIONE:
“Il mondo… questa parola mi fa sempre pensare a un’enorme tavola rotonda tenuta su con sforzo spasmodico da elefanti e tartarughe. Gli elefanti non capiscono il ruolo delle tartarughe, le tartarughe non capiscono il ruolo degli elefanti, e sia gli uni che le altre non capiscono a cosa serva il mondo.” (pag. 96)

GIUDIZIO SINTETICO: **

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il “sistema Mereghetti”, che va da 0 a 4 “stelline”: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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0
1/2
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*1/2
NON GIUDICABILE con i sistemi “classici” di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO