# 41 – Michel Houellebecq – SEROTONINA (La nave di Teseo, 2019, pag. 332)
Florent-Claude Labrouste, agronomo quarantaseienne, è in crisi personale ed esistenziale: non sopporta più il suo lavoro, odia la fidanzata giapponese, una ventiseienne supponente e artefatta, e deve fare i conti con tutti i fallimenti – sentimentali e lavorativi – di cui è fitto il suo passato. Compie allora un viaggio attraverso la Francia dei giorni nostri, che è anche un viaggio nei ricordi e nei sentimenti, nelle delusioni e nella rabbia di un uomo occidentale di mezz’età che non ha più valori, speranze, desideri.
Col suo ultimo romanzo, che a detta di alcuni avrebbe preconizzato le proteste dei Gilets Jaunes, Houellebecq – a mio avviso – torna a tematiche e atmosfere lontane, dei suoi primi romanzi e, in particolare, di “Estensione del dominio della lotta”. Raccontata in prima persona, la vita grigia, deludente e rancorosa di Florent-Claude Labrouste ricorda quella del protagonista di “Estensione”, da cui lo dividono solo l’età (Labrouste è più anziano) e il lavoro (agronomo contro ingegnere informatico). Per il resto, questi due uomini a loro modo colti, perfettamente in grado di mantenersi nel mondo occidentale e più intelligenti della media, si somigliano terribilmente: entrambi depressi, cercano disperatamente qualcosa che il loro mondo non può offrire, qualcosa che mi spingo a definire “spirituale”, anche se tutto resta inespresso e prende varie forme: la contemplazione, la cultura, l’amore, la felicità…
Chiamatelo come volete, ma l’obiettivo dei personaggi di Houellebecq è qualcosa di metafisico, qualcosa che il mondo non può elargire, e che solo una grande e scolpita individualità potrebbe (forse) ottenere. Invece, le individualità dei personaggi houellebecquiani sono oscillanti e frantumate, devastate da un sisma silenzioso che ha colpito per tutta la durata delle loro vite, senza che loro se ne accorgessero, anestetizzati volta a volta dalla giovinezza – che rende tutto piacevole, avventuroso – e poi dal successo lavorativo, che consola, e magari – perché no? – anche da qualche successo sessuale, che non guasta per l’ego dei maschi. Ma alla fine – o meglio, nel bel mezzo della loro vita – questi personaggi si scoprono distrutti, e debbono ricorrere agli antidepressivi, alla serotonina, appunto. Si scoprono completamente erosi: in essi, non rimane più niente di realmente umano, eppure è tutto così spaventosamente umano! Da questa contraddizione non c’è ritorno: una volta avviati sulla china che hanno deciso di intraprendere, più nulla può fermarli, esattamente come nulla può fermare la scrittura di Houellebecq, che travolge tutto e tutti: il femminismo e il machismo, il politicamente corretto e la psicanalisi, l’amore e la famiglia, non si salva nulla in questo viaggio agli Inferi in una realtà che più normale e provinciale non si può, la Francia agreste e profonda fatta di mucche al pascolo e coltivazioni e vecchi castelli medievali che non si rassegnano a diventare “hotel de charme” e allevatori incazzati che si sentono strangolati dalle quote-latte e dalle burocratiche, ottuse decisioni dell’Unione Europea.
Houellebecq ci porta direttamente nel flusso di coscienza del suo personaggio, scegliendo una costruzione fluida e fitta di subordinate, quasi il cavilloso dipanarsi di un pensiero ruminante e malato, eppure così lucido e, a tratti, così terribilmente condivisibile! Labrouste ci racconta la sua storia di depressione e di perdita volontaria (di tutto, dagli affetti al lavoro alla casa ai soldi) con uno spirito allo stesso tempo rassegnato e vagamente incredulo, il suo precipitare verso la dipendenza da serotonina, l’impotenza sessuale e il desiderio di suicidio è lento e inesorabile, eppure illuminato da autentici squarci di lirismo: il ricordo degli amori perduti, l’amicizia con Aymeric, l’infanzia felice passata in provincia, lontano dalla bieca Parigi infestata di “borghesi ecoresponsabili” che, dall’alto dei loro stipendi da mille e una notte, si permettono i cibi biologici e il veganesimo, la lotta al “Climate change” e la raccolta differenziata come stile di vita, laddove nelle campagne – di queste stesse cose – si muore.
Ecco, ancora una volta Michel Houellebecq – pur nei suoi eccessi, a tratti sgradevoli – si dimostra il grande scrittore della crisi e della schizofrenia dell’Uomo occidentale nel Terzo Millennio, un Uomo capace di alternare lo sdoganamento (morale) delle atrocità più efferate o la ricerca spasmodica del piacere come motivo di vita con la candida, ingenua, ipocrita difesa dell’ambiente intesa come una religione, con le preoccupazioni animaliste e con le più assurde mode alimentari e i più artefatti stili di vita che il genere umano abbia mai visto. E allora, in un mondo che ha sempre più paura di dire qualunque cosa che possa anche solo lontanamente offendere qualcuno, ben venga la scrittura violenta, scomoda, provocatoria e cacofonica di Michel Houellebecq, che, pur con tutta la sua sbandierata immoralità, si conferma – come fu, per il cinema, Stanley Kubrick – il più grande “moralista” della letteratura mondiale.
(Recensione scritta ascoltando i Pink Floyd, “On The Turning Away”)
PREGI:
Houellebecq è Houellebecq, prendere o lasciare! Graffiante, scomodo, insultante, senza filtri, scostante e provocatorio, scegliete voi l’aggettivo, ma sempre capace di smuovere qualcosa nel profondo, sempre capace di imprimersi nel lettore, foss’anche per rifiuto
DIFETTI:
non è del tutto convincente la scelta dello “stream of consciousness” come stile letterario: personalmente, preferisco i romanzi houellebecquiani dallo stile più inesorabile e cartesiano. Il flusso di coscienza rischia di intorbidare un po’ il ragionamento e, nella proliferazione di subordinate, di fare perdere un po’ l’orientamento al lettore
CITAZIONE:
“Odiavo Parigi, quella città ammorbata da borghesi ecoresponsabili mi ripugnava, può darsi che fossi un borghese anch’io ma non ero ecoresponsabile, andavo in giro c on un 4×4 diesel – forse non avevo combinato granché di buono nella vita ma almeno avrei contribuito a distruggere il pianeta – e sabotavo sistematicamente il programma di raccolta differenziata varato dall’amministratore del palazzo buttando l’umido nel recipiente per il vetro e le bottiglie vuote nel cassonetto riservato alla carta e agli imballaggi.” (pag. 44)
GIUDIZIO SINTETICO: ***
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il “sistema Mereghetti”, che va da 0 a 4 “stelline”: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…