# 97 – Claudia Piñeiro – TUA (Feltrinelli, 2012, ediz. orig. 2005, pagg. 142)
Inés Pereyra scopre che suo marito Ernesto, dirigente d’azienda, la tradisce con una donna misteriosa che si firma, sui bigliettini d’amore scritti con il rossetto, “Tua”. Più curiosa che gelosa, e preoccupata prima di tutto di difendere il proprio status borghese e benestante, Inés si mette a indagare, ma ben presto ci scappa il morto e la faccenda si complica, anche perché le certezze sull’identità di “Tua” vacillano. Nel mezzo di questo bailamme, come se non bastasse, Laura – la figlia diciassettenne di Inés ed Ernesto – deve fronteggiare un problema persino più grave…
Claudia Piñeiro: ecco uno di quei nomi “caldi” che ci si spiega con un po’ di fatica. Perché la signora non solo pubblica a ripetizione, ma pare venda anche piuttosto bene, e in un gran numero di Paesi! Onestamente, c’è da chiedersene il perché: “Tua” non è un cattivo libro, ma non è nemmeno quel capolavoro che il solito, inqualificabile Antonio D’Orrico (lo stesso che definì Faletti “Il più grande scrittore italiano contemporaneo”) ha esaltato col consueto stile pacato (“Il miglior giallo in circolazione”: nientemeno!).
“Tua” è un piccolo libro di sotterfugi e imbrogli, di maldicenze e cattiverie, che a ben vedere non è neanche propriamente un giallo: è, piuttosto, un dramma della meschinità, tra marito fedifrago, moglie materialista attaccata più ai soldi e alla bella vita che agli affetti, e figlia fintamente ribelle e realmente disillusa. La trama architettata da Claudia Piñeiro è abbastanza ingegnosa, non foss’altro perché – in fondo – è semplice e non priva di quel paio di colpi di scena che tengono desta l’attenzione: sarebbe piaciuta forse ai fratelli Coen, che avrebbero potuto pensare a un “Fargo” in salsa bonairense, uno di quei film in cui non si salva veramente nessuno, perché tutti a loro modo hanno le mani (e la coscienza…) sporche. Proprio questa lucidità nel mettere in scena la fondamentale aridità dei personaggi è il tratto più interessante del libro, che sfrutta una scaltra trama gialla (il morto arriva già a pagina 11!) per dipingere un “inferno di famiglia” in cui tutti spiano tutti e nessuno parla davvero con nessuno. La protagonista, Inés, non può che compilare liste di ipotesi una più fredda e agghiacciante dell’altra, per spiegarsi il comportamento di un marito che è – banalmente – un traditore seriale; la figlia, Laura detta Lali, è un’adolescente da centro commerciale che odia i genitori e la loro vita fatta di ipocrisie (ma che, di suo, non ci mette neanche un grammo di cervello o di inventiva per sfuggirvi!); ed Ernesto, alla fine, con le sue amanti e la sua goffaggine, sembra davvero il disarmato (ma tutto sommato pericoloso!) signor Lundegaard di “Fargo”, capolavoro coeniano datato 1996.
E come in “Fargo”, anche in “Tua” le conseguenze di azioni tanto semplici quanto irresponsabili e ciniche portano al dramma, un dramma che però – nello stile – non esplode mai, restando sospeso tra pagine un po’ leggerine, un po’ frivole, a tratti sinceramente insoddisfacenti, che alternano l’Io narrante di Inés a una terza persona che raccorda i momenti più “gialli” e alle telegrafiche telefonate di Laura con la sua amica del cuore. Forse, dopotutto, l’Autrice accetta fin troppo volentieri l’ottusità e la meschinità dei suoi personaggi, e il risultato – lungi dall’essere “Il miglior giallo in circolazione” – è un libro di facile lettura ma anche di poca sostanza.
(Recensione scritta ascoltando i Dire Straits, “Tunnel of Love”)
PREGI:
più furbetto che bello, è un libro che si legge in un amen con poco sforzo, il che se non altro ne spiega il successo planetario. L’agilità e la facilità di lettura sono sempre, comunque la si metta, dei pregi che meritano di essere sottolineati
DIFETTI:
fondamentalmente futile, questa storiella di corna, pur non essendo priva di momenti interessanti e notazioni salaci, manca di respiro e non è sorretta da uno stile degno di memoria. Insomma, Claudia Piñeiro non è Friedrich Dürrenmatt… checché ne pensi D’Orrico!
CITAZIONE:
“Beh, le donne che lavorano tutta la vita in un ufficio sono così. Invidiose, ficcanaso, seminano zizzania. E più lavorano vicino al centro, peggio ancora. Dev’esserci una sorta di ecosistema che le fagocita. Non avendo tempo di vivere la propria vita, vivono quella degli altri. L’ufficio è la loro vita. Vivono dal lunedì al venerdì e non sopportano il fine settimana. Desiderano con tutte le loro forze che arrivi di nuovo il lunedì, perché succeda qualcosa.” (pagg. 106-107)
GIUDIZIO SINTETICO: **
LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il “sistema Mereghetti”, che va da 0 a 4 “stelline”: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…