UOMINI CHE ODIANO LE DONNE – Stieg Larsson

# 269 – Stieg Larsson – UOMINI CHE ODIANO LE DONNE (Marsilio, 2010, ediz. orig. 2005, pagg. 676)

Chi invia ogni anno, nel giorno del suo compleanno, al vecchio Henrik Vanger, fondatore di un impero industriale svedese da miliardi di euro, un fiore incorniciato, per ricordargli la scomparsa – avvenuta molti anni prima – dell’adorata nipote Harriet, durante una vacanza sull’isola di Hedestad, quartier generale dei Vanger dove, oltre al patriarca Henrik, risiedono anche tutti i suoi familiari? Chi uccise tanti anni fa la giovane Harriet? E chi tortura il vecchio Henrik spedendogli quel fiore, il regalo che era solito fargli la stessa Harriet quand’era giovane? Il colpevole, ovviamente, va cercato tra chi conosce la famiglia Vanger dall’interno, e tra i tanti parenti sgradevoli del patriarca c’è solo l’imbarazzo della scelta. A occuparsi del caso, Henrik chiama il giornalista d’inchiesta Mikael Blomqvist, caduto in disgrazia dopo un articolo che gli ha procurato una bruciante condanna per diffamazione. Aiutato dalla riluttante ma abilissima hacker Lisbeth Salander, vittima di violenza sessuale e da sempre in carico ai servizi sociali per via di uno stile di vita che definire bizzarro è dire poco, Blomqvist scoperchierà il vaso di Pandora della famiglia Vanger e giungerà alla sorprendente soluzione del caso, mentre Lisbeth risolverà, da par suo, i suoi problemi col brutale tutore che lo Stato le ha affibbiato.

Chi mi legge fedelmente saprà già che non sono un grande consumatore di gialli o di thriller, non perché il genere in sé non meriti (ci sono ottimi Autori di gialli, a partire dai nostri Fruttero & Lucentini, per non parlare di autentici miti come Arthur Conan Doyle, Rex Stout, Giorgio Scerbanenco, Leo Malet, Georges Simenon) ma perché, personalmente, tendo a preferire altri tipi di lettura, meno legati alla scoperta di un colpevole o alla ricostruzione delle meccaniche di un delitto. Questione di gusti, sulla quale ovviamente non mi dilungherò.

Apparirà dunque sufficientemente chiaro al lettore come mai tra le mie recensioni si trovino così pochi gialli, e soprattutto perché io non abbia ceduto al fascino delle saghe gialle nordiche che, negli ultimi anni, hanno letteralmente colonizzato gli scaffali delle librerie, con un profluvio di Autori e Autrici che si sono sbizzarriti nell’inventare vicende gialle ambientate in Scandinavia, sfruttando l’indubbio fascino di Paesi come Svezia, Norvegia, Islanda, Danimarca e Finlandia, con le loro nevi e i loro immensi boschi, con la luce di mezzanotte oltre un certo parallelo e gli inquietanti mesi di buio continuo, e con popoli poco conosciuti e dalle abitudini, per certi aspetti, “esotiche” per noi mediterranei.

Ebbene, l’eccezione a quanto sin qui scritto, per me, è rappresentata dalla “Saga Millennium” di Stieg Larsson, sfortunato Autore (è passato improvvisamente a miglior vita nel 2004, prima di potersi godere l’immenso successo, anche hollywoodiano, del suo lavoro) di una trilogia incentrata sulla figura atipica e scostante di Lisbeth Salander, la hacker bisex, tatuata, taciturna e astutissima che è la vera protagonista dei tre libri. Invitato da un amico, che me li ha consigliati e prestati, mi sono dedicato, tempo addietro, alla lettura di questi tre tomi non indifferenti, con curiosità ma anche con un filo di scetticismo.

A sinistra: Michael Nyqvist e Noomi Rapace sono Mikael Blomqvist e Lisbeth Salander in “Uomini che odiano le donne” di Niels Arden Oplev (Svezia, 2009)
A destra: Daniel Craig e Rooney Mara interpretano gli stessi personaggi nel remake hollywoodiano di David Fincher, “Millennium” (USA, 2011)

Se infatti Larsson può essere considerato l’apripista della “scuola scandinava” di giallisti (e sicuramente molti, dopo di lui, hanno marciato sul successo della sua trilogia proponendo opere decisamente più deboli e scontate, per la gioia degli editori, che non vedono l’ora di cavalcare le mode), è pur vero che attorno ai suoi libri è nato immediatamente una specie di culto, e io guardo sempre con molto sospetto queste “mode letterarie” che fanno sì che “Uomini che odiano le donne” diventi improvvisamente “il libro che non puoi non aver letto” (un po’ come successe per “Io uccido” di Faletti). Non nascondiamoci dietro al proverbiale dito: ci sono il marketing editoriale e l’abilità degli esperti di comunicazione dietro questi successi, più che la bravura degli Autori. Qualcuno decide che questo giallo è particolarmente vendibile e ci investe sopra. Risultato: in poche settimane tutti ne parlano, e se ne vendono milioni di copie.

Sia chiaro, non sono invidioso, anche perché io non sono uno scrittore di gialli, non me ne sento capace. Però, pur senza invidiarlo (anche perché, poveraccio, lui il suo successo non se l’è proprio potuto godere), consideravo Larsson poco più che un onesto mestierante, e mi sono accinto a leggerlo con una certa sufficienza. Ebbene, mi sono dovuto ricredere, almeno in parte: Larsson è effettivamente un onesto mestierante, e non un grande scrittore, ma “Uomini che odiano le donne” è uno dei libri più straordinariamente efficaci che abbia letto negli ultimi anni. Tralasciando, per il momento, di valutare la trilogia nella sua interezza (il cui nome, “Millennium”, è quello della rivista per cui lavora il giornalista Mikael Blomqvist), occupiamoci solo del primo libro, che è decisamente il migliore, e si presenta come un giallo molto ben sviluppato, innervato di sottotrame che funzionano alla perfezione (la condanna per diffamazione di Blomqvist, il rapporto di Lisbeth con il suo tutore) ma mai troppo diluito, aperto dalla scena dell’arrivo dell’ennesimo fiore al vecchio Henrik Vanger e portato avanti dall’Autore con indubbia capacità narrativa, in un gioco col lettore fatto sì di attese e rinvii, di false piste e voluti giri di trama, ma privo di colpi bassi o di sviluppi improbabili, tanto che si resta attaccati alla lettura nonostante le quasi settecento pagine del libro, e occorre leggerle tutte per approdare alla soluzione del caso, peraltro – pur venata da un pizzico di improbabilità – decisamente meno banale e più riuscita di molte altre.

Sì, perché in un giallo il finale (per parafrasare il grande Giampiero Boniperti, indimenticato Presidente juventino) non è importante, è probabilmente l’unica cosa che conta, e qui Larsson non sbaglia, costruendo un meccanismo narrativo quasi perfetto, in cui non mancano né suspense né ritmo, né approfondimento dei personaggi (nei limiti del possibile) né tocchi di un erotismo tanto malsano quanto riuscito ed efficace, stranamente “vero” e credibile, grazie soprattutto all’originale personaggio di Lisbeth Salander, ragazza ambigua tanto sul piano sessuale quanto su quello morale – eroina o psicopatica? Alleata del protagonista o pericolosa scheggia impazzita che traffica in informazioni sul web?

Insomma, pur senza scrivere un libro epocale, Stieg Larsson riesce a proporre un intrattenimento di primo livello, non a caso tradotto in film sia in Svezia che a Hollywood (per la regia nientemeno che di David Fincher), e tiene avvinto il lettore per centinaia di pagine danzando con una certa abilità attorno a un enigma che il libro sembra voler difendere, anziché svelare, e costruendo una galleria di personaggi più rotondi e credibili della media dei libri di questo tipo. E se è vero che i due capitoli successivi, “La ragazza che giocava con il fuoco” e “La regina dei castelli di carta”, sono meno efficaci, va ammesso con onestà che la lettura di “Uomini che odiano le donne” è decisamente consigliata: almeno avrete letto il libro che ha aperto la via al “giallo scandinavo” degli ultimi dieci-quindici anni.

Stylized Poppy flower

(Recensione scritta ascoltando i Valravn, “Hedebys”)

PREGI:
una scrittura semplice e senza fronzoli, ma non noiosa, consapevole dei propri limiti, capace di accettarli e, dove occorre, di aggirarli con una certa sapienza. E una trama che non delude, neanche nel finale nel quale, se c’è un tocco di improbabilità, diciamo che è perlomeno molto ben speso! 

DIFETTI:
qui e là, il libro sembra aggrapparsi un po’ alla figura originale ma anche un po’ furbetta di Lisbeth Salander, che occhieggia alla “diversità” e non nasconde l’intenzione di far sentire i lettori, a tratti, un po’ biechi e reazionari. Forse un po’ eccessiva la malvagità del tutore legale della geniale hacker, tratteggiato in maniera un po’ grossolana…

CITAZIONE:
“Lui le prese la mano e se la premette contro l’inguine. Lei poté sentire il suo sesso attraverso la stoffa scura dei pantaloni di gabardine. «Se tu sarai gentile con me, io sarò gentile con te.»  Lei era rigida come una bacchetta quando lui le mise l’altra mano intorno alla nuca e l’attirò in ginocchio davanti a sé. «Questa cosa l’hai già fatta, vero?» disse mentre apriva la patta. […] Lisbeth Salander girò il viso di lato e cercò di alzarsi in piedi, ma lui la teneva saldamente. […] Lui aspettò finché lei non abbassò lo sguardo in un gesto che interpretò come di sottomissione. Poi la tirò più vicino. Lisbeth Salander aprì le labbra e lo prese in bocca. Lui mantenne tutto il tempo la presa sulla sua nuca attirandola a sé con violenza. Lei ebbe continui conati di vomito nei dieci minuti che durò; quando finalmente lui raggiunse l’orgasmo, la tenne così stretta che quasi soffocava.” (pagg. 269-270)

GIUDIZIO SINTETICO: ***

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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1/2
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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
***
***1/2
****
ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO