IL PORNOGRAFO DI VIENNA – Lewis Crofts

# 260 – Lewis Crofts – IL PORNOGRAFO DI VIENNA (Tropea, 2008, pagg. 316)

Fin da bambino Egon Schiele, figlio di un capostazione delle ferrovie austro-ungariche, dimostrò di essere refrattario alle regole e all’autorità, amando solo disegnare, dipingere acquerelli e marinare la scuola assieme alla sorella preferita, Gertrude, con la quale pare abbia avuto, in tenera età, un rapporto incestuoso. Sfuggito alle grinfie di uno zio, che l’avrebbe avviato alla medesima professione di suo padre, e ammesso all’Accademia di Belle Arti di Vienna al secondo tentativo, dopo un iniziale fallimento, Schiele entra nella cerchia di pittori e artisti della cosiddetta “secessione viennese”, guidati da Gustav Klimt, e inizia a esporre le sue opere, intrise di una inquietante e sbandierata sessualità, tanto da attirarsi accuse di pornografia e da finire persino in carcere, censurato da quel mondo borghese che pubblicamente lo condanna salvo poi acquistarne avidamente i quadri sottobanco. Diviso tra la smania di denunciare, con la pittura, tutta l’ipocrisia del suo tempo e il desiderio, a sua volta borghese e irregimentato, di farsi una famiglia, Egon finisce per cedere e sposa la signorina di buona famiglia Edith Harms, rompendo la relazione che da anni lo legava a Valerie Neuzil, detta “Wally”, la sua modella preferita, già modella di Klimt. Ma il tentativo di felicità borghese durerà poco, spazzato via dalla Guerra Mondiale e dalla terribile influenza spagnola…

Più che un romanzo, ho dovuto riassumere – un po’ alla Wikipedia – la vita stessa di Egon Schiele, perché il libro di Crofts (scrittore inglese classe 1977) non se ne discosta minimamente: biografia romanzata iper-classica nello sviluppo, nell’arco narrativo e nella suddivisione in capitoli, “Il pornografo di Vienna” è senz’altro un libro utile a chi è interessato ai dati biografici dell’originalissimo pittore austriaco d’inizio ‘900, ma non rappresenta né una rivisitazione particolarmente interessante della sua vita e della sua opera, né una lettura appassionante per chi già conosca la travagliata esistenza di Schiele, che visse appena ventotto anni ma riuscì a portare, assieme a Klimt e Kokoschka, una ventata d’aria fresca nella spesso troppo compassata e classicheggiante arte della Belle Époque austrungarica.

Al di là del sospetto che il libro non si giovi di una traduzione particolarmente riuscita (qui e là fanno capolino dei participi riferiti a figure femminili ma declinati, misteriosamente, al maschile, e fa oggettivamente specie l’uso dell’orribile verbo “flirtare” a pagina 94, del tutto inadeguato e fuori registro), il vero problema di questo romanzo è che la scrittura di Crofts appare pedissequa e priva di originalità, concedendo al lettore solo di tanto in tanto (troppo poco in un libro di più di trecento pagine) tocchi di lirismo riusciti o sequenze visivamente e concettualmente originali, appiattendosi piuttosto sulla cesellata e quasi manualistica ricostruzione delle tappe fondamentali della vita di un pittore geniale e in anticipo sui tempi.

Insomma, se l’arte di Schiele reagiva a un classicismo ingessato e paludoso, insegnato del resto nelle Accademie e duro a morire nelle coscienze degli spettatori, certo ha poco senso raccontarla senza guizzi, in uno stile di scrittura – appunto – classico e noiosetto, biografico più che romanzesco, attraversato peraltro da blocchi di dialogo che, lungi dall’iniettare originalità nella storia e nei personaggi, li appiattiscono se possibile ancora di più sulle loro “categorie” di appartenenza: i borghesi e i popolani scandalizzati dalle opere di Schiele, Klimt che parla come un critico d’arte su Telenova a tarda ora, lo stesso Egon Schiele impaludato in un maledettismo di maniera, autoriflessivo e autoreferenziale. E poi tanti personaggi di contorno di poco o nessuno spessore, tra i quali si salvano solo (parzialmente) le figure femminili, vitali e disperate, della sorella Gertrude – amata e poi ripudiata – e della modella Wally, che se non altro regala qualche brividino d’eccitazione e di afflato libertario.

Tutto il resto, ahimè, è appiattito su una terza persona onnisciente che non riesce mai a far entrare il lettore nella materia – di per sé interessante, anzi, addirittura incandescente – di un romanzo che romanzo non è, contentandosi piuttosto di essere una sorta di tesi di laurea sulla vita dello sfortunato Schiele, impreziosita (o meglio, guastata!) da dialoghi non all’altezza e da una struttura banale e cronachistica, che si apre con l’incontro tra i genitori di Egon e si chiude con la prematura scomparsa del protagonista. Era troppo chiedere, perlomeno, una struttura più dinamica del racconto, magari con qualche salto temporale, con qualche invenzione che, più dei dialoghi tra galleristi e appassionati d’arte, facesse percepire al lettore tutta la carica innovativa ed eversiva dell’opera di un genio poco compreso dal suo tempo? Crofts purtroppo si limita al compitino, ma non è uno scrittore abbastanza bravo e intenso da evitare le cadute nel ridicolo involontario e gli schematismi nei rapporti tra i personaggi, nonché il calligrafismo nella ricostruzione d’epoca.

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(Recensione scritta ascoltando i Rachel’s, “Music for Egon Schiele”)

PREGI:
la lettura, fatti salvi una traduzione deludente e uno stile non all’altezza, non è di per sé sgradevole, e se si è interessati alla vita di Schiele e non la si conosce già per filo e per segno, può anche risultare interessante, un buon punto d’inizio per scoprire questo originalissimo artista d’inizio Novecento

DIFETTI:
mai un guizzo, mai un’invenzione narrativa, mai una sorpresa. Lo stile di Crofts è corretto ma banale, come una partita di scacchi giocata col manuale in mano, senza una mossa che sia fuori dall’ordinario. Il risultato è un libro non pessimo ma, se possibile, anche peggio: mediocre e piatto, tutto il contrario di quello che ci sarebbe voluto per descrivere l’eccellenza e l’originalità del suo protagonista!

CITAZIONE:
«È il tuo soggetto a sceglierti, non il contrario» aggiunse Kahrer […] «Lo saprai quando quella scelta sarà stata fatta. E cercherai il tuo pennello.» «Le cavalle nella puzsta» disse Pauker. «Per me le ballerine del cabaret» continuò Strauch. «Deliziose sgualdrine.»  (pag.49)

GIUDIZIO SINTETICO:

LEGENDA RECENSIONI
Sia per i libri che per i film, adotto nel giudizio sintetico il sistema Mereghetti, che va da 0 a 4 stelline: a 0, ovviamente, i giudizi più negativi, a 4 quelli più positivi, con tutti i possibili gradi intermedi…

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NON GIUDICABILE con i sistemi ìclassiciî di voto
PESSIMO
QUASI PESSIMO
BRUTTO
BRUTTINO
 
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**1/2
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***1/2
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ACCETTABILE
DISCRETO
BUONO
MOLTO BUONO
CAPOLAVORO